Archivio per Maggio, 2007

Di necessità virtù

Posted in Senza categoria on 15 Maggio 2007 by campa100anni

 

Nel mio ufficio non ci sono portapenne. C’è solo la penna, e tante cianfrusaglie tra cui una piccola presa per il telefono. E allora vi presento il portapenne più originale al mondo, tanto originale che non è nemmeno un portapenne. E’ una portapennA perchè ne posso mettere una sola.

Kia Superstar

Posted in Senza categoria on 13 Maggio 2007 by campa100anni

Sto blog sta giocando con la mia pazienza…

Posted in Senza categoria on 8 Maggio 2007 by campa100anni
Non mi fa cambiare la colonna sonora, non mi fa mettere un collegamento permanente, adesso questo è già il secondo intervento che devo scrivere su Yahoo perchè non me li fa pubblicare. Sono lì lì per mollare definitivamente MSN Spaces… Amministratori se mi sentite, cercate di convincermi alla svelta o perdete un utente di tutto rispetto eh… L’altro blog è sempre lì, eh? Spoglio quanto volete, ma ci si mette poco ad azzizzarlo per bene…

La creatura

Posted in Storie e poesie on 4 Maggio 2007 by campa100anni
Oggi tocca a me. Lo so. Ne sono certo. Oggi è il mio turno di affrontare la creatura. Ho ancora negli occhi l’ultima sua apparizione. Ho ancora negli occhi quella povera vittima che cercava disperatamente di divoncolarsi dalla sua presa, prima di essere stritolata impietosamente. Il campo di battaglia è ormai pronto. Dovrò cercare con tutte le forze di trovare appiglio, o potrei venire distrutto anch’io. Non c’e’ scampo per me e lo so già, ma non posso mollare prima di combattere. Devo farmi forza. Devo essere uomo. In attesa di vederla comparire procedo a capo chino pensando a come avrei potuto evitare quel fatidico duello, a come avrei potuto fare in modo che quello per me fosse un giorno come tanti altri. Davanti a me i miei occhi vedono solo il vuoto, incuranti di quello che gli si para davvero davanti. Anche loro sono rassegnati alla fine. Si rifiutano di scrutare l’orizzonte perchè tanto è solo questione di tempo, la creatura apparirà, il destino farà il suo corso. L’attesa è snervante. Preferirei battermi adesso, incoscientemente ed andare incontro alla fine gridando, urlando che ho paura, ma che non mi tiro indietro. Il grande guerriero non è quello che non cade mai, ma quello che cadendo trova poi la forza di rialzarsi, quello che sconfitto, trova le motivazioni per tornare. E’ come se camminassi nel deserto. Niente di quello che succede intorno a me mi riguarda, niente riesce a catturare la mia attenzione, niente mi allevia la lacerante sensazione di sconforto, consapevolezza di inferiorità, consapevolezza che questa volta è davvero finita. Nulla di nuovo all’orizzonte si presenta davanti ai miei occhi. Il pallore della luna rischiara la terra, che sembra fango, che sembra chiamarmi a se, anticipando la fine che sarà da lì a poco. Sono quasi tentato di rifugiarmici, per non incontrarla. Il coraggio è la virtù dei forti, ma in questi momenti, è difficile esserlo, forti. Mi chino in ginocchio e raccolgo un pugno di terriccio. Lo strofino nelle mani. Lo annuso. La creatura è passata di qui. Ha visto ciò che sto vedendo io. Ha respirato ciò che sto respirando io. Questo mi raggela il sangue nelle vene. Mi ribadisce ancora che è tutto reale. Nessun sogno. Nessun incubo. Io sono davvero lì, e sto davvero per affrontarla. Un’improvviso scatto del collo verso sinistra. Un fruscio da quella parte. Forse il vento, forse no… Mi avvicino lentamente. So già cosa troverò dietro quel cespuglio, ma devo ugualmente andare. E’ ora di farla finita. Con passo lento e terrorizzato mi avvicino alla siepe. I miei occhi inespressivi sono lo specchio di quello che provo adesso. Questo darà maggiore forza alla creatura. Vedrà il mio terrore, capirà che non so oppormi ed avrà vita facile. Importa poco ormai. E’ tempo di combattere. Apro uno squarcio nella siepe e dietro vedo… nulla. Non c’e’ nulla dietro la siepe. Che sia davvero stato il vento? Il vento gelido della notte? E’ il vento che mi ha fermato il cuore? E’ il vento che mi soffia dietro? E’ il vento che ha reso gelato il sangue che scorre nelle mie vene? No, non è il vento. E io so cos’e’. So cosa è stato a farmi quasi impazzire di terrore per un’istante. E’ stata la stessa cosa che adesso mi tiene paralizzato. Che mi impedisce di voltarmi. Conosco fin troppo bene quel rumore. Sono le sue zampe. Sono le sue orrende, orribili zampe che si conficcano nel terreno ad ogni passo sottomettendo ogni singolo granello di polvere al suo potere. Eccola lì. Dietro di me. La creatura è in piedi e mi osserva. I suoi occhi che paiono di cristallo mi fissano mentre il suo ansimante respiro scandisce i secondi. Mi indica col dito, quasi ad indentificarmi per non permettermi di fuggire. Un ultimo sguardo minaccioso prima di darmi le spalle ed allontanarsi di qualche metro. In un attimo di irrazionalità mi guardo intorno alla ricerca di una via di fuga che in realtà non esiste e per la prima volta i miei occhi vedono. Vanno oltre e scorgono quello che la paura mi impediva di vedere. Vedo che non sono solo. Decine di figure intorno a me seguono con area distratta le mie sorti, come una sorta di pubblico poco interessato. Alcuni bisbigliano qualcosa tra di loro, altri mi puntano a dito, altri seguono in silenzio e in stato di parziale allerta i miei movimenti, così come quelli della creatura. Nei loro occhi scorgo sensazioni diverse mille mondi. Fierezza, rispetto, sconforto, indifferenza, arroganza, complicità, paura. Paura. Ecco un sentimento familiare. Paura. Ma non è uguale. E’ una paura diversa. E’ una paura dovuta. Di circostanza. E’ più paura della situazione che paura del rischio. Ed a pensarci bene so cos’e’. La creatura non attacca mai due vittime. Dopo un combattimento non ha sufficenti forze per affrontarne un’ altra, quindi si limita a saziare la sua fame con una sola preda. Quella preda oggi sono io. Sono io colui destinato a morire oggi. E’ la mia ora. Sono una salvezza per gli altri. Sono il loro salvatore. Loro oggi godranno di un’altra giornata tranquilla perchè qui, a lottare per la vita di fronte alla mostruosa creatura ci sono io. E questo mi porta agli occhi un’altra verità. Non ho scampo. Nessuno di loro mi aiuterà. Anche se dovessi trovare una via di fuga, nessuno di loro mi permetterà di sottrarmi al mio destino. Hanno bisogno di me. Del mio sacrificio per non morire. Hanno bisogno che io affronti la creatura perchè loro vivano. Ed il momento è arrivato. Il momento che avevo anche aspettato è giunto. Sì, finalmente è l’ora. Meglio andare subito incontro al proprio destino che meditare sul perchè e il percome. E’ il momento di lottare. E’ il momento di battersi. E’ il momento. Le grottesche fauci si contraggono in un qualcosa che sembra una smorfia di dolore, poi si aprono lasciando intravedere miliardi di denti aguzzi che grondano sangue e bava. Subito portato dal vento mi giunge il puzzo di cadaveri in putrefazione che fanno ormai capanna nello stomaco della creatura da centinaia di secoli. Un suono esce da quell’orribile bocca ed esplode in cielo ed in terra. E’ il mio nome. Urlato dalla creatura che ha definitivamente comunicato il nome della sua vittima. Il sospiro di sollievo delle figure intorno a me mette a nudo la crudeltà del momento. Scorgo negli occhi di alcuni di loro sollievo, risollevazione, persino appagamento e soddisfazione. Io vorrei urlare. E fuggire. Oh sì… Quanto vorrei fuggire via. Quanto vorrei che qualcosa mi traesse in salvo da lì, mi portasse al sicuro via da lì. In qualunque luogo, ma via da lì. Chiudo gli occhi ed invoco l’aiuto del fato. Chiedo che per una volta il fato sia mio complice e sia dalla mia parte. E forse questa volta il fato mi ascolta. In lontananza mi pare di odere un suono distante. Gli occhi colmi di lacrime si sbarrano e fissano in quella direzione. Il cuore sobbalza nel petto, in attesa di una conferma di ciò che ha creduto di sentire. Quel suono, lontano e distante continua. Ma adesso è un pò più chiaro. Prendo lentamente coscienza che forse è tutto reale, non lo sto soltanto immaginando. La mia sola ancora di salvezza si sta facendo avanti, offrendomi il solo appiglio in cui potevo sperare. Il suono è sempre più chiaro e vicino ed ormai è certo. E’ reale. Non sto sognando. E’ davvero come sembra. Sono salvo. Inizio a riconoscerlo. E’ lui. E’ quello che ho sempre sentito ad una certa ora. E’ lei. E’ quella che volevo. E’ la campana. L’ora è finita. Tutto è andato bene, per stavolta. Tutto è andato bene ed improvvisamente vedo tutto per ciò che è davvero. Adesso so dove sono. So cosa ci faccio lì. So chi sono e cosa devo fare. La professoressa con aria stizzita mi dice: "va beh, ti è andata bene. Ti interrogo la settimana prossima" ed esce dall’aula. Le figure intorno a me mi si avvicinano e sorridendo dicono "inkia ru culu" prima di dileguarsi nei corridoi. Rimango da solo. Guardo la lampada al neon che sembrava tanto una luna, e lo zaino che sembrava tanto una siepe. Sorrido, scuoto le spalle e penso: "vabbè, la settimana prossima mà iaccu.".
 
PS: Concedetemi ogni tanto un pò di nostalgia…