Archivio per febbraio, 2011

senza titolo

Posted in Senza categoria on 28 febbraio 2011 by campa100anni

e anche senza senso direi. Avevo un pensiero confuso in testa; qualcosa riguardo la potenza del “se”.Ma non credo di essere in grado di metterlo per iscritto adesso. Come un sogno che vi ricordate appena ma che non riuscite a raccontare perchè via via che lo fate vi accorgete che quella parte andava prima, quella andava dopo e un pezzo di quella andava con un pezzo di quell’altra. La morale del pensiero, comunque, è che confermo quello che dicevo qualche intervento più in giù e cioè che le persone comete sono rarissime. Ce ne sono tante di stelle ma quella cometa chissà dov’è, cosa fa, con chi è. Serve aspettare? Non serve? Non serve. Non credo. Ma il giorno prima di vederla, un attimo prima di vederla, avremmo mai creduto che sarebbe apparsa di li ad un instante? Probabilmente no. Ed allora perchè non potrebbe apparire di nuovo? Si, potrebbe. Ma, appunto, prima non ci credevamo. E non ci crediamo nemmeno ora. Se il segreto per farle apparire è questo noi la nostra parte l’abbiamo fatta, adesso dai stella, vieni giù.

Solo lei…

Posted in Senza categoria on 21 febbraio 2011 by campa100anni

…ci capisce perfettamente…
…mai una parola di troppo…
…mai inopportuna…
…mai invadente…
…mai arrogante…
…mai ossessiva…
…mai gelosa…
…mai sgarbata…
…mai sbagliata…
…mai di troppo…
…mai contro di noi…
…sempre in linea col nostro stato d’animo…
…sempre dolce…
…sempre confortante…
…sempre consigliera…
…sempre pronta ad abbracciarci…
…sempre come noi…
…sempre con noi…
…sempre nostra amica…
…sempre e solo nostra…
…sempre sempre sempre…
…la musica non ci lascia mai.

Grazie di tutto.

…plic…

Posted in Senza categoria on 20 febbraio 2011 by campa100anni

Il canto delle sirene

Posted in Senza categoria on 5 febbraio 2011 by campa100anni

Qualche post addietro (ma tanto sto blog non lo legge più nessuno, che lo dico a fare) parlavo di quanto alcuni luoghi possano essere magici se una persona è presente. Di come possano risultare meravigliosi, lucenti, abbaglianti o di come (quando quella non c’è più) possano piombare nel grigio, nel triste e nel malinconico. Questi luoghi possono essere dovunque, sono luoghi normali che brillano di luce riflessa. Non sono stelle, sono come degli specchi che riflettono la luce e la trasmettono. Ma sparita la fonte sparita la luce e tornano ad essere i soliti vecchi posti. Di posti come questi ce ne sono a milioni, miliardi forse. Ad occhio e croce direi che qualunque posto ha queste caratteristiche. Può essere meraviglioso se siamo con qualcuno che tale lo rende, o se attraversiamo un particolare periodo della nostra vita che ci fa vedere le cose in un determinato modo, oppure può essere normale se semplicemente non lo associamo a niente di particolare. Alcuni luoghi, però, sono diversi. Hanno un potere, sono magici. Una delle più grosse chimere della scienza è il viaggio nel tempo. E’ possibile tornare indietro nel tempo? Addirittura fermarlo? Dare un’occhiata al futuro per sbirciare la combinazione vincente del superenalotto di domani? No, pare proprio di no. Nessun cervellone dell’astrofisica, della chimica, della fisica quantistica o della magia nera è mai riuscito in tale prodigio. Eppure viaggiare nel tempo è possibile. Forse non nel futuro, d’accordo. Ma nel passato ci possiamo tornare. Possiamo anche fermarlo il tempo, per qualche momento. Il merito è dei luoghi magici. Loro si che ce la fanno. In barba agli scienziati ed agli stregoni, più avanti della cinematografia e della narrativa, i luoghi magici il segreto per il viaggio nel tempo ce l’hanno. Lo custodiscono da tempo immemore e, probabilmente, non ce lo sveleranno mai gelosi come sono di tale conoscenza, quasi sapessero quanto vorremmo togliergliela dalle tasche e correre via a più non posso per portarcela a casa. I luoghi magici sono pochi. Dislocati nei punti più svariati del mondo, senza un collegamento, senza una logica, senza un spiegazione, esistono e basta. Sono luoghi che ci portano indietro. Non fisicamente, sia chiaro eh. Ci riportano indietro con la testa. Con i pensieri, con i ricordi, “with memories” come direbbero da queste parti. Sono luoghi nella quale abbiamo trascorso dei momenti intensi, ma intensi davvero. Quelli da non dormirci la notte, quelli da ricordarli ogni giorno, quelli che ci fanno estraniare dal mondo per qualche minuto per poi ripiombarci malamente qualche attimo dopo precipitando da un volo che pare essere durato dieci volte tanto e che ci restituisce ad un mondo che, a quel punto, è davvero brutto, triste e grigio. Ci fanno pensare, ci fanno riflettere, ci fanno analizzare. Ci strappano un sorriso, ci bagnano il viso, ci fermano il cuore, ce lo accelerano, ci fanno emozionare. Non cambiano mai. Sono sempre uguali. Come disegni in un quadro, incuranti del tempo che passa loro sono sempre così come li ricordavamo. Un anno, due anni, cinque anni dopo sono sempre gli stessi. Quell’albero, quella panchina, quelle scale. Sempre uguali. Non si sono fatti influenzare da quello che è successo, da quello che “ci” è successo, dalle guerre, dalle crisi, dai problemi del mondo. Sono di ferro, di acciaio. Hanno l’armatura e tutto gli scivola via lasciandoli intatti così come ce li ricordavamo. Ci chiamano a loro quando siamo nelle vicinanze, anche se non vogliamo, come le peggiori delle sirene. Ci tengono stretti e non ci lasciano più. Ci ritroviamo a fissare un punto, a fissare “quel” punto, quello che ognuno di noi ha, ognuno di noi conosce e ognuno di noi, almeno un pizzico, rimpiange. Perchè sarebbe così bello, alle volte, poter tornare indietro nel tempo e ripetere gesti, cose, parole… Dimostrare di aver imparato la lezione e non fare gli stessi errori, parlarne, evitarli, limitarli. E invece ci danno solo il ricordo. Ci danno il ricordo e con lui ci restituiscono anche le sensazioni. Ci ridanno i fremiti, le emozioni, ci ridanno tutto. Hanno una memoria di ferro. Ricordano tutto, rimembrano particolari che avevamo completamente rimosso e che invece, adesso, tornano prepotentemente facendoci interrogare sul come abbiamo potuto dimenticarli. Ce li sussurrano all’orecchio, anche se non glielo abbiamo chiesto, ormai stiamo al suo gioco, alle sue regole. Ce li facciamo raccontare, ci facciamo strappare un sorriso anche se non lo vogliamo, o una lacrima anche se non piangiamo mai. Ed ecco che torniamo indietro. Ecco che siamo di nuovo li, sulla stessa panchina, contro lo stesso albero, sulle stesse scale… Ma non è adesso, è tanto tempo prima, proprio “quel tanto che basta” di tempo prima. Quel tanto che basta per riassaporare quegli odori, quella foschia, quegli insignificanti dettagli che nella nostra mente ricreano alla perfezione “quel” momento, unico nel suo genere. Un momento che ci sembrava normale in questo “nuovo adesso” ma che invece, nel “vecchio adesso” sappiamo essere speciale. Ci guardiamo dall’esterno, come l’anima di un comatoso, e ci urliamo all’orecchio di goderci quell’attimo, ogni singolo istante perchè anche se non lo sapevamo, se ne andrà e si rivelerà in tutta la sua meraviglia solo quando sarà troppo lontano per essere riafferrato. Ma chiaramente il “vecchio io” non ci sente ed un bambino che strilla accanto a noi o un moscerino che ci ronza nell’orecchio ci riportano al presente, strappandoci al passato e rubandoci la magia che avevamo ritrovato. Ci lascerà l’amaro in bocca, ci metterà per iscritto che il tempo è passato, in modo che lo ricordiamo e non lo scordiamo più. E finirà la magia, e il corso del tempo tornerà normale, e tornerà il lavoro e le noie, i problemi e le preoccupazioni, tornerà la vita vera insomma. Ma per fortuna il luogo magico resterà sempre lì. Invisibile agli altri, inconfondibile per noi. Si mimetizzerà agli occhi di chiunque altro, si travestirà da luogo normale, si colorerà di grigio ma appena ci vedrà avvicinare intonerà di nuovo la canzone da sirena che ci richiamerà a lui. Indosserà di nuovo il mantello ed il cappello da mago, prenderà in mano la bacchetta magica e ci riporterà di nuovo indietro nel tempo. Di quanto e con chi lo decideremo noi. Per quanto tempo lo deciderà lui ma sarà un accordo che accettermo. E ci racconterà di nuovo tutto. E noi lo ascolteremo. Ce lo faremo raccontare. Ce lo sussurrerà all’orecchio, anche se non glielo abbiamo chiesto, ormai stiamo al suo gioco, alle sue regole. Ce lo faremo raccontare, ci faremo strappare un sorriso anche se non lo vogliamo, o una lacrima anche se non piangiamo mai. E se saremo fortunati piangeremo solo dagli occhi, invece che dal cuore.